Y.Z. Kami, Light, Gaze, Presence

dal 17 febbraio 2023 al 24 settembre 2023
Una selezione di opere esposte per la prima volta a Firenze in alcuni dei luoghi simbolo della città.

Museo Novecento è lieto di annunciare Light, Gaze, Presence, una mostra di Y.Z. Kami (Teheran, 1956) che presenta una selezione di opere esposte per la prima volta a Firenze in alcuni dei luoghi simbolo della città: Museo Novecento, Museo di Palazzo Vecchio, Museo degli Innocenti e, eccezionalmente, nella millenaria Abbazia di San Miniato al Monte (dal 17 febbraio al 24 settembre 2023).

La mostra è un viaggio nell’universo pittorico dell’artista iraniano-americano, che vive e lavora a New York dagli anni Ottanta. Con una selezione di 24 opere dislocate in alcune delle più prestigiose istituzioni culturali fiorentine, Light, Gaze, Presence unisce alcuni dei filoni principali della ricerca artistica di Y.Z. Kami in un dialogo serrato con gli straordinari capolavori medievali e rinascimentali custoditi in quei luoghi.

“Con questo progetto Firenze conferma ancora una volta la sua vocazione al contemporaneo e la sua capacità di far dialogare attraverso l’arte passato e futuro, con parallelismi sempre più accattivanti e coinvolgenti” evidenzia la vicesindaca e assessora alla Cultura Alessia Bettini. “Per la prima volta Kami espone i suoi lavori in un contesto istituzionale italiano, una mostra diffusa in più location che è un vero e proprio viaggio alla scoperta dell’artista iraniano-americano. La nostra città si dimostra ancora una volta catalizzatrice di nuove tendenze, offrendo al pubblico l’opportunità di scoprire un artista di primo piano a livello internazionale, non ancora conosciuto come merita invece a livello nazionale”.

“Con grande gioia accogliamo la bellissima opera di Y.Z. Kami nella penombra della millenaria cripta di San Miniato al Monte” dichiara Padre Bernardo, abate di San Miniato al Monte. “Mani protese verso l’infinito e verso il mistero, mani statiche e dinamiche in cui la luce orientale delle finestre romaniche accarezza dita che si allungano in un ricamo di speranza, di dedizione e di affidamento. Preghiera è parola che viene dal latino precarius segnalando così la precarietà di chi, con umile consapevolezza, ripudia ogni autoreferenziale e presuntuosa sicurezza, per consegnarsi, lungo l’orlo dell’invisibile, nell’assolutamente assoluto fidandosi della paradossalità gravità che il cielo, nonostante la smentita delle certezze scientifiche, continua ad esercitare sui sogni e desideri del nostro cuore, sollevandoli oltre ogni oltre”.

“Dopo la grande mostra di Tony Cragg, il Museo Novecento ospita un grande artista internazionale che ha raccolto il nostro invito a confrontarsi con il patrimonio storico-artistico della città” spiega Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento. “Come Jenny Saville, protagonista nel 2021 a Firenze, anche Y.Z. Kami mette al centro del suo lavoro il ritratto, di cui è uno straordinario interprete, cercando – come i grandi ritrattisti del passato – di restituire attraverso la pittura il profondo segreto dell’anima dei suoi modelli che solitamente sono suoi amici, conoscenti e familiari. Il fatto che molti di questi volti appaiano con gli occhi chiusi, ci induce a porci in silenzio di fronte a queste immagini, invitandoci a una più lenta contemplazione, proprio per entrare in sintonia con la spiritualità racchiusa in essi. Non è casuale, quindi, la scelta dei luoghi che ospitano i dipinti di Kami, dal Museo Novecento all’Abbazia di San Miniato, dal Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio al Museo degli Innocenti. Luoghi in cui, oggi più che mai, è necessario ritrovare e incoraggiare lentezza e contemplazione di fronte all’opera d’arte”.

“Grazie al Museo Novecento e a Kami per averci scelto tra le istituzioni culturali fiorentine ospiti di questo mostra unica” ha detto il direttore dell’Istituto degli Innocenti Sabrina Breschi. “Si consolida così un percorso di collaborazione che ci vede da due anni partecipi della crescente apertura della città nei confronti dell’arte contemporanea. Accoglieremo nella pinacoteca del Museo due opere dell’artista iraniano americano, una delle quali, Brunelleschi (Death Mask), realizzata appositamente per l’occasione, e dedicata non solo a uno dei più grandi artisti del Rinascimento fiorentino, ma anche a colui che ha ideato e progettato l’Ospedale degli Innocenti, rendendolo monumento emblematico di una nuova attenzione alla prima età dell’uomo. Per noi è un onore ospitarle, nella certezza che la presenza di queste due straordinarie opere potrà avvicinare ancora di più il nostro Museo, custode della storia dell’infanzia abbandonata e accolta per secoli nell’edificio brunelleschiano, ad un pubblico ancora più vasto”.

Il percorso ha origine nelle sale del Museo Novecento, in cui i celebri ritratti, che hanno reso noto al pubblico internazionale l’artista, sono intervallati da altre opere delle serie Dome e Night Paintings.

Al centro della sua produzione artistica da oltre trent’anni, i ritratti sono dipinti su larga scala che immortalano uomini e donne colti in primo piano, spesso con gli occhi chiusi e all’interno di sfondi neutri che lasciano visibili solo alcuni dettagli oltre ai volti. “Dipingendo un viso, quello che cerco davvero di ottenere è la sensazione che ho di esso, l’esperienza di quel volto che passa attraverso molti strati di pittura e alla fine appare sempre un po’ sfuggente, come se non potessi arrivarci”, dichiara l’artista. Questi dipinti, realizzati a partire da fotografie scattate ad amici o sconosciuti, sono frutto di una gestazione molto lenta che rende queste rappresentazioni delle vere e proprie apparizioni, che riportano alla mente gli antichi ritratti del Fayyum ricollegandosi alla tradizione ritrattistica che attraversa la storia dell’arte in tutti i secoli, fino ai giorni nostri.
Presenti e assenti al tempo stesso, le figure di Y.Z. Kami sono immerse in una dimensione che sembra non avere nulla a che fare con la nostra quotidianità, ma che rimanda a un altrove, a un luogo che è memoria o evocazione dell’aldilà. La luminosità resa dalla pittura rarefatta, così come l’esperienza dell’immobilità e del silenzio, hanno la capacità di attrarre a sé l’osservatore, suscitando sensazioni intense, come un senso di placida contemplazione al limite della trascendenza. In questo senso, Y.Z. Kami è un pittore dell’invisibilità; il suo sguardo e la sua pittura sono capaci di raccontare l’umanità al di là della contingenza, catturando la spiritualità che avvolge i corpi.

Nella serie Dome, Kami rievoca immagini archetipe, come i mandala, così come le architetture e le forme concentriche tipiche della tradizione persiana e delle architetture sacre di tutto il mondo, metafora del cielo e della contemplazione. I Night Paintings ricordano invece visioni notturne, fumose e tenebrose, elaborate a partire dalla rilettura della poesia di William Blake. Il colore dominante è l’indaco, intervallato da sfumature di bianco che nell’aspetto sfocato richiamano la patinatura dei ritratti, ricordando qualcosa di evanescente che di lì a poco rischia di sparire ma si aggrappa tenacemente al presente e chiede di essere mantenuto vivo.

La mostra prosegue all’interno della suggestiva cornice del Salone dei Cinquecento – Museo di Palazzo Vecchio, in cui le opere Untitled (2011), Untitled (Woman in Green Sweater) (2006) e Marwin (2013-2014) dialogano con gli affreschi di Giorgio Vasari, dando vita a uno straordinario contrasto tra la placida rarefazione delle opere di Y.Z. Kami e le accese scene di battaglie che campeggiano sulle pareti della sala. I titoli dei dipinti, che possono tanto riferirsi a nomi propri di persona, quanto rimanere nell’anonimato, riflettono il costante oscillare tra individualità e universalità della ricerca dell’artista. Questo dualismo è congenito a tutta la storia della rappresentazione, in particolare al costante interesse degli artisti per lo studio della figura umana.

Il Museo degli Innocenti accoglie all’interno della pinacoteca che ospita agli straordinari capolavori di Botticelli e Luca della Robbia due opere di Y.Z. Kami: Gold Dome II (2022) e Brunelleschi (Death Mask) (2022-2023). In particolare, la maschera funebre di Filippo Brunelleschi rende omaggio al grande maestro e si ricollega da un lato ai grandi ritratti dell’artista esposti contestualmente al Museo Novecento e nel Salone dei Cinquecento, dall’altro alla storia dell’edificio.

La mostra raggiunge il suo climax all’interno della millenaria Abbazia di San Miniato al Monte, dove viene eccezionalmente accolta l’opera Paul’s hands (2015-17). “Ritraggo le mani da molto tempo, rappresentano per me una presenza e un significato profondi” ha spiegato l’artista. “Il teologo e filosofo francese Blaise Pascal ha detto ‘L’âme aime la main – l’anima ama la mano’. Molto spesso nei miei dipinti che raffigurano le mani, queste sono giunte in preghiera. L’immagine delle mani in preghiera è un segno diretto e chiaro di devozione che appartiene a tante diverse tradizioni religiose, dal Cristianesimo alle religioni orientali come l’Induismo, il Buddismo, ma non all’Islamismo né al Giudaismo”.

Y.Z. Kami (Teheran, 1956) ha iniziato a dipingere a soli cinque o sei anni nello studio della madre. Da allora l’amore per la pittura e l’attenzione per lo studio della figura e della psicologia umana non lo abbandoneranno mai. Dopo aver studiato filosofia alla Sorbona di Parigi, negli anni Ottanta si trasferisce a New York, dove dalla fine degli anni Novanta inizia a esporre in musei e istituzioni artistiche. Le sue opere sono oggi conservate in importanti collezioni pubbliche, tra cui quelle del Metropolitan Museum of Art (New York), del Whitney Museum of American Art (New York), del Solomon R. Guggenheim Museum (New York) e del British Museum di Londra.

***

In occasione della mostra di Y.Z. Kami Light, Gaze, Presence, il Museo Novecento lancia la sua prima serie di podcast, Labirinto900, a cura della cantautrice Letizia Fuochi.

“Il Labirinto – simbolo di smarrimento e di situazioni complicate – rappresenta un’allegoria della complessità del mondo la cui comprensibilità non è afferrabile attraverso la sola ragione” afferma Letizia Fuochi. Secondo lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, la tortuosità del percorso rinvia simbolicamente alla nostra incapacità razionale di capire fino in fondo il suo stesso significato, poiché la natura stessa del labirinto nasconde contenuti più complessi e profondi. Labirinto900 è il podcast del Museo Novecento, luogo spazio laboratorio di arte creatività bellezza e memoria.

La prima puntata è dedicata a Y.Z. Kami: L’invisibile silenzio della luce sarà presto disponibile sul canale Spotify di MUS.E.

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